La Bellezza

La ricerca della bellezza, da perseguire e tramandare non solo come missione primaria di noi esseri umani ma, forse, il motivo stesso per cui esistiamo?

Esseri sensibili e intelligenti a cui è stato affidato l’importante compito di perpetrare un messaggio che deve proseguire il suo cammino indisturbato in una lunga corsa intorno all’Universo. Se così fosse, ma questo è solo un semplicistico esercizio di pensiero, si potrebbe dare una ragione, forse plausibile, all’attrazione, anche morbosa, nei confronti di una bellezza, nelle sue infinite sfaccettature, che l’uomo persegue con ogni mezzo, praticamente da sempre. O, forse, da quando ha compreso di poter andare oltre la mera sopravvivenza o all’istinto di procreazione.

Una bellezza universale, da comprendere e apprendere in modo molto più profondo e articolato di quanto non siamo abituati a fare, o anche solo a immaginare.

Una bellezza ampia e coinvolgente capace di sovvertire o di arricchire le logiche comunemente usate per generarla. Infinite, nascoste e intense sfaccettature di una bellezza che racchiude aspetti anche inediti che potrebbero richiedere forte sensibilità e un nuovo senso di empatia verso il Mondo, per riuscire a comprenderla e apprezzarla nei suoi molteplici evidenti o nascosti significati.
La stessa sensibilità che dovrebbe allora spingerci alla tutela della bellezza dell’Ambiente e di tutto ciò che ci circonda.
Significati di una bellezza così ampia e sconfinata che potrebbero arrivare a sovvertire gli aspetti squisitamente materiali e oggettivi con cui siamo istintivamente portati a riconoscerla e a perseguirla. Una bellezza che supera, fino quasi a trascendere, la cognizione umana, quella del percepito estetico per intenderci, grazie all’introduzione di valori e significati che potrebbero innalzare la bellezza oltre i confini finora conosciuti. Una preziosa eredità, dunque, che ci è stata tramandata affinché sia tutelata, accudita, protetta e valorizzata, per trasferirla intatta a chi verrà dopo di noi.
La bellezza, allora, potrebbe essere vista come una sorta di “catena magica” che non deve mai spezzarsi. E se succede, quando smettiamo di ricercarla, tutelarla e perpetrarla evitando, cioè, di dedicarle tutto il necessario impegno individuale e collettivo, gli effetti sono sempre funesti.
Dove non c’è la bellezza ogni cosa perde significato. Dove muore la bellezza, muore anche la vita.

Ci potremmo spingere a ritenere che si tratti di una forma di energia che dà equilibrio e sintonia alle cose animate e inanimate. E nelle infinite sfaccettature del nostro mondo conosciuto, la bellezza garantisce da sempre l’imprescindibile armonia utile alla vita e alla continuità.

È una forza positiva e misteriosa che plasma e scandisce ogni forma di vita, dandoci segno – forse il più tangibile – della presenza di un “Creatore”.

Perché è irragionevole ritenere che la bellezza del cielo, delle stelle, di un fiore, di un tramonto o di un sorriso possa essere solo frutto di un incredibile e improbabile coincidenza; l’unione di fattori che si sono incontrati e incrociati in modo sostanzialmente casuale.
Le tante volte in cui rimaniamo incantati e rapiti dal mistero e dalla fecondità della bellezza non possiamo escludere che dietro ad essa vi sia la mano magica di un Artista. Qualcuno che, certamente non a caso, abbia voluto e disegnato tutto questo. Così, come non possiamo escludere che nel potere attrattivo della bellezza, nelle sue molteplici, in parte inesplorate e sconosciute, forme ed espressioni, vi sia un’ancestrale forma di richiamo verso Colui che abbia voluto, creato e plasmato il nostro Mondo.
Questo potrebbe indurre a ritenere, o a non escludere – sebbene con uno slancio di immaginazione, spero inoffensivo – che la bellezza sia una prova, la più tangibile e inconfutabile che Dio esiste. E che abbia scelto proprio la bellezza per dimostrarcelo. Designando noi, esseri umani, portatori privilegiati di un messaggio profondo e ancestrale.
Strane e inverosimili congetture, certo, ma la bellezza rimane qualcosa di realmente indefinibile che noi riusciamo solo in parte a comprendere nella sua infinita grandezza. Per quanto ci sforziamo di dare un volto o una forma al “bello”, non sapremo mai di cosa si tratti realmente.
Vero è che la bellezza induce a generare nuova bellezza: chi la fa sua e la integra nei propri processi intellettuali, può senz’altro beneficiare di un’energia propulsiva fondante capace di dare slancio e motivazione. Tradirla, può invece condurre ad un decadimento esteriore e interiore demotivante, dagli esiti incerti.
Nel nostro mondo moderno e nel nostro vivere quotidiano la bellezza è un “fine” ma anche un “mezzo” perché è anche grazie alla sua incessante ricerca che le persone crescono, lavorano, soffrono e gioiscono. Subito dopo la soddisfazione dei nostri bisogni primari, è il bisogno di bellezza il vero motivo per cui ci muoviamo e facciamo quasi ogni cosa, giorno dopo giorno. E questo, attribuisce alla bellezza la straordinaria capacità di essere uno dei più importanti propulsori di crescita, anche economica.
Dietro alla sensualità della bellezza si muove una macchina immensa il cui giro d’affari non è neppure quantificabile, tanto è grande. Per provare a comprenderlo – ma è una mera valutazione empirica, al solo scopo di dare un’idea sommaria di cosa riesca a generare la bellezza sul piano produttivo-commerciale – basterebbe pensare al costo di un qualunque prodotto disponibile sul mercato, e immaginare quanto (di più, o di meno) potrebbe costare se fosse stato realizzato con maggiore o minore cura dei fattori estetici, a parità di funzionalità. Una considerazione semplice volta però a quantificare, sul piano concettuale, l’impatto notevole, ovvero un differenziale di prezzo senz’altro significativo, fra un oggetto, un prodotto o un servizio “bello” e un altro che non lo è. Questo, è innanzitutto dovuto al fatto che la bellezza richiede uno sforzo produttivo quasi sempre rilevante, a fronte di una maggiore cura di molti dettagli costruttivi che comportano, in molti casi, un miglioramento del livello qualitativo finale. Un differenziale che, su larga scala, genera un incremento, o un decremento, di spesa e di fatturato significativo.
Tralasciando il mondo del lusso, della moda, della gioielleria o di tutti quei molti settori in cui la bellezza diviene il motivo stesso per cui un’infinità di oggetti vengono prodotti e venduti, si può ritenere che la bellezza – tanto oggi quanto in passato – costituisca una parte non irrilevante del prodotto interno lordo (PIL) di intere nazioni e richieda il lavoro di milioni di persone, dai tempi delle Piramidi ai giorni nostri.
La bellezza è racchiusa un po’ ovunque e quando interessa i nostri comportamenti e nostri pensieri, migliorandoli e orientandoli all’armonia e all’equilibrio diviene Etica; la ricerca incessante di comportamenti e azioni corrette, rispettose e virtuose: verso noi stessi e verso gli altri.
Di bellezza nutriamo la nostra mente e arricchiamo la nostra vita, ma sul piano oggettivo e percettivo, se volessimo inoltrarci nel difficile tentativo di comprendere cosa sia, razionalmente, ci dovremmo cimentare in analisi oggettive realmente complesse e inesplicabili. Quando una cosa la vediamo bella, molto spesso non ne conosciamo la vera ragione. Lo sappiamo e basta. Ci limitiamo, semplicemente, a godere di una strana sensazione di piacere e di benessere che solamente la bellezza è in grado di infondere.
Un’emozione interiore che si propaga al nostro interno regalandoci un senso di appagamento. È quasi come se nella bellezza confluissero aspetti che non possono essere né capiti né descritti ma che devono – necessariamente – essere percepiti e ritrasmessi. Qualcosa di grande e di profondo che noi abbiamo il solo compito di promuovere, nel nostro piccolo o grande ambito quotidiano.
La bellezza muove persone e muove denaro. Ma, più di tutto, smuove le coscienze. E se diamo per buono il concetto “bellezza=sentimento” non possiamo escludere che tale sentimento debba diffondersi alla collettività, in virtù del bene universale, prima che individuale.
Potremmo, allora, spingerci a ritenere che la bellezza contenga al suo interno un messaggio di speranza e una spinta – individuale e collettiva – ad andare oltre?
Una sorta di progetto che siamo chiamati a elaborare e realizzare, beneficiando, grazie alla bellezza, di una carica emotiva che si traduce in forza e motivazione.

Bellezza benefica

La bellezza genera benessere e valorizza le nostre capacità e le nostre attitudini materiali e spirituali. Questo, lo sapevano bene i grandi del passato perché, nonostante possedessero abilità assolutamente non comuni, non sarebbero mai riusciti ad innalzare tanto in alto la loro straordinaria bravura e le loro incredibili doti artistiche, costruttive e creative se non avessero potuto beneficiare dell’effetto propulsivo e motivazionale della bellezza, quando viene perseguita con metodo, impegno, perseveranza e sentimento.
In epoche remote, certamente più di quanto non avvenga oggi, si investivano enormi capitali per generare una bellezza che potrebbe anche apparire eccessiva o perfino inutile, nei casi più eclatanti. Si spendevano immense quantità di denaro per realizzare opere artistiche e architettoniche monumentali, attraverso accurati lavori di arredo, affresco e ornamento.
Per la costruzione di chiese, cattedrali, opere pubbliche ma anche, più semplicemente, per arricchire e valorizzare luoghi in cui la gente viveva e lavorava. Basti pensare a quanto sia stato investito non solo dai regnanti ma anche dai banchieri, come i Medici di Firenze, piuttosto che da famiglie facoltose, come gli Sforza di Milano che avevano voluto e chiamato un certo LEONARDO DA VINCI. Il genio italiano, già universalmente noto e apprezzato dal grande pubblico, fu infatti incaricato da Lodovico il Moro di apportare il suo prezioso contributo nell’importante lavoro di abbellimento del Castello Sforzesco e di altri luoghi della capitale lombarda, come il Refettorio della Chiesa Santa Maria delle Grazie, ove Leonardo dipinse l’affresco più importante di sempre; IL CENACOLO.
Nel suo lungo e proficuo soggiorno a Milano, Leonardo da Vinci si occupò anche di ingegneria e di moda e furono proprio le sue creazioni a regalare alla città l’appellativo di Capitale della Moda. Tuttavia, questo forte impegno, anche economico, profuso dai committenti e messo in atto dagli artisti dell’epoca, dubito che fosse un semplice inno alla bellezza piuttosto che una manifestazione di grandiosità e potere. Lo erano, in una certa misura, ma credo che la più importante finalità di tanto sfoggio, apparentemente solo estetico, fosse anche quello di smuovere le coscienze grazie allo straordinario effetto benefico, quasi terapeutico, profuso dalla bellezza. Una prerogativa quasi magica capace di innalzare le capacità, l’impegno e le virtù umane, quando sono rivolte alla ricerca e alla produzione di bellezza.

Tradire la Bellezza

La mancanza di bellezza o il distacco dalle molteplici modalità per generarla, o tutelarla, produce un inevitabile decadimento dei contesti naturali, sociali ed economici e può arrivare a provocare un progressivo deterioramento delle condizioni di vita delle persone.
Il deperimento graduale o repentino degli elementi estetici, peculiari della bellezza, alimenta, infatti, un clima di sfiducia e di disaffezione dai valori umani e un calo, anche evidente, della spinta a crescere. Viene così a mancare uno dei pilastri a sostegno del giusto, sia individuale che comune, ovvero la più importante spinta a fare del bene. Come argini che cedono alla forza dell’acqua, sono atteggiamenti che possono arrivare a provocare alterazioni comportamentali e al decadimento dei valori e delle virtù umane.
L’assenza di bellezza, intesa quindi come importante spinta motivazionale positiva, provoca – o non inibisce – l’avvento di condotte nocive, talvolta bieche e violente, che affiorano nell’animo umano fino a condizionarne gli istinti e poi i comportamenti. Un pericoloso sentimento di indolenza inizia a prevalere, fino ad insediarsi nella nostra mente. Gli atteggiamenti divengono incuranti e lesivi.
I luoghi ove manca la bellezza, o dove viene a mancare, inducono gli individui ad un progressivo e inevitabile distacco dal senso del giusto e dalle azioni corrette e virtuose. È un po’ come se il distacco dalla bellezza provocasse, sebbene gradualmente, un degradamento non solo delle condizioni estetiche dei luoghi e degli ambienti in cui le persone vivono e lavorano ma anche dei loro stessi comportamenti.
Perseguire la bellezza con assiduità e dedizione diviene, allora, compito imprescindibile ove vi sia l’intento di generare e diffondere le migliori virtù umane poiché, per induzione, altre persone saranno stimolate a perpetrare e a trasmettere, a loro volta, la bellezza con cui hanno avuto la fortuna di entrare a contatto. Non è insolito constatare come la bellezza di un luogo particolarmente curato negli aspetti innanzitutto estetici, di decoro e pulizia, spinga le persone ad impegnarsi per mantenerlo curato, così come lo hanno trovato. E di come – al contrario – la presenza di disordine e degrado stimoli atteggiamenti di noncuranza, quasi di sfregio, che producono nuovo degrado, talvolta anche peggiore di quello originario. È quasi come se le persone, ove manca la bellezza, fossero strattonate da una forza d’inerzia negativa, quasi maligna, che le spinge ad essere peggiori di chi le ha precedute.
Tradire la bellezza diviene un atteggiamento irresponsabile e autolesionista poiché è un po’ come tradire sé stessi visto che – quello che potrebbe apparire come una semplice, e innocua, poca cura degli aspetti solo estetici – potrebbe provocare una serie di reazioni a catena capaci di alterare finanche le condizioni e le virtù intellettuali e morali.
Analogamente, l’incuria e i danni che stiamo arrecando all’Ambiente e alla Natura, su scala planetaria, generano impatti e ripercussioni negative sull’intera popolazione, non solo sul piano ambientale ma sul senso comune, sui valori fondanti e sui sentimenti delle persone; innescando un clima di scoramento, sconforto e disaffezione perfino più pericoloso. Inquinare il Pianeta, o non impegnarsi a proteggerlo, diviene un gesto scellerato, oltre che infinitamente dannoso sul piano squisitamente ambientale. Un comportamento deleterio capace di scatenare una lunga serie di effetti collaterali che trascendono dal “solo” impatto ambientale, per quanto drammatico. Una disaffezione dal bello che potrebbe generare ripercussioni negative sulla consapevolezza, sulla sensibilità e sul senso di responsabilità delle nuove generazioni.
Tra i giovani e i giovanissimi, fortunatamente, sembra emergere un’attenzione nuova e inaspettata. Un crescente attaccamento e un’incoraggiante mobilitazione a tutela dei temi ambientali.
I recenti episodi e le molteplici iniziative organizzate in ambito europeo ma anche, timidamente, nel mondo asiatico – le aree che paiono più coinvolte un auspicato processo di rinnovamento, e rinascimento, in tema di sostenibilità – sorrette anche, o indotte, dalla spinta mediatica (da verificare quanto spontanea, ma questo è davvero un altro tema) da parte della giovane attivista svedese Greta Thumberg, aprono spiragli di un ottimismo giustificato, fortemente auspicato.
Di seguito, un estratto del suo discorso (ndr):
Nell’anno 2030, dieci anni, 259 giorni e 10 ore da questo momento, ci troveremo in una situazione in cui vedremo una irreversibile catena di reazioni che porterà alla fine della nostra civiltà, come l’abbiamo conosciuta. Questo è ciò che succederà, a meno che non vengano urgentemente e in permanenza implementate una serie di cambiamenti in tutti gli aspetti della nostra società, compresa una riduzione delle nostre emissioni di Co2, come minimo del 50%”
Siamo nel pieno della sesta estinzione di massa e il tasso di estinzione è 10 mila volte più rapido di ciò che si considera normale… con 200 specie che si estinguono ogni giorno. L’erosione di suolo fertile, la deforestazione delle nostre belle foreste, la tossicità dell’inquinamento, la moria di insetti e di molti animali ‘protetti’, la riduzione dei nostri oceani, questa è la catena dei disastri che si sta accelerando a causa di uno stile di vita che noi, che ci consideriamo al sicuro, che riteniamo in diritto di continuare ad avere. Ma quasi nessuno sa di queste catastrofi o è in grado di capire che si tratta dei sintomi di un disastro ambientale senza precedenti”.
Parole toccanti, non vi è dubbio, che hanno giustamente colto nel segno, per quanto non vi sia nulla di inedito rispetto ai numerosi richiami sempre più accorati da parte del mondo scientifico. Personalmente, nutro qualche perplessità sulla spontaneità del messaggio e sul clamore mediatico che sta suscitando. Ma il solo fatto che un “grido di dolore” sia stato lanciato da una ragazzina che, come milioni di suoi coetanei, si troverà in prima persona ad affrontare i problemi ambientali da noi causati, ha scatenato una reazione necessaria, più che comprensibile, che solamente qualche anno fa non si sarebbe vista, e che ci porta a ben sperare.

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